La Cisa deve vivere. Faenza deve lavorare.
Il M5S di Faenza ha partecipato alla manifestazione dei lavoratori CISA–Allegion di sabato scorso, per contrastare l’ennesimo atto di demolizione dell’economia della nostra città, che fin dal primo dopoguerra è sempre stata un centro di eccellenze e che ora, bidonata da tutti, si trova a dover fronteggiare una crisi occupazionale ed imprenditoriale che sembra senza sbocchi.
Faenza città della CISA, eccellenza mondiale delle serrature, che Errani (ora residente a Montecarlo) sbolognò dopo una lunga faida con la famiglia Bucci e che ora i vampiri americani di Allegion vogliono seppellire con i suoi 550 lavoratori, dopo aver succhiato il marchio che rappresenta il 60% del mercato italiano, da produrre all’estero, e lasciando probabilmente sottosuolo e falde acquifere contaminati da velenosi organoclorurati.
Faenza città dell’OMSA, la più vecchia delle grandi aziende faentine, marchio leader nazionale per decenni e decenni, che la proprietà ha chiuso licenziando i 350 dipendenti (ma erano stati anche alcune migliaia) per andare a produrre in Serbia.
Faenza città della Confruit, leader nazionale dei succhi di frutta a marchio e biologici, che l’imprenditore Carlo Bucci (oggi residente in Svizzera) sbolognò alla multinazionale Del Monte e poi, dopo una breve parentesi con un pool di imprese locali, fu fagocitata da La Doria, che di fatto trasferì tutte le produzioni in Campania e 200 dipendenti per strada.
Faenza città de La Faenza, marchio di pregio mondiale delle piastrelle di ceramica, che dopo una sciagurata gestione venne rilevata dalla Cooperativa ceramica d’Imola, che ora parla insistentemente di ristrutturazioni con perdita di diverse centinaia di posti di lavoro.
Faenza città della PAF, oggi Agrintesa, che da azienda di riferimento della frutticoltura nazionale è diventata la cooperativa colosso che fa espiantare i pescheti ai propri soci (o che paga le pesche meno di 30 centesimi al chilo) e che fa trade dalla Spagna per rifornire la GDO.
Faenza città di Caviro e Tampieri, oltre 800 dipendenti in due, che di fatto sopravvivono di contributi pubblici, ammorbando l’aria con i loro inceneritori.
Questi sono i principali esempi di un sistema economico cinico e tritacarne, che travolge tutto e tutti, che toglie alle nostre famiglie la dignità conquistata con i sacrifici di generazioni e che la politica dominante serva della finanza continua a venderci come l’unico possibile, dando quotidianamente mazzate ad una popolazione ogni giorno più disperata.
Sabato abbiamo manifestato con i lavoratori CISA e contro tutto questo, mentre il renzianissimo sindaco diceva le solite parole a vanvera ed il renzianissimo senatore Collina, fautore della nuova legge sul lavoro girava tra la folla a parlare della bellezza delle loro riforme. Dove lo ritrovano il lavoro, con la vostra legge, quelli che a 40-50 -60 anni lo dovessero perdere oggi per il disimpegno di queste aziende succhiasangue, che con il territorio (e con l’etica) non hanno nessun legame?
Come abbiamo scritto sul nostro striscione sabato:
“Uniti per un altro modello di vita,
contro l’inconsapevolezza che ci rende vulnerabili,
contro la paura che ci rende plasmabili,
contro la finanza che ci vuole precari”
Un’altra economia è possibile; ma o si cambia, o si muore.
Questo purtroppo dobbiamo dirlo ai (troppi) faentini che sabato alla manifestazione non c’erano.
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